Visionarie! Il focus di Meet the Docs! sugli sguardi femminili

Visionarie! Il focus di Meet the Docs! sugli sguardi femminili

“Sconfinate”. Un aggettivo femminile plurale, ma anche, con il punto esclamativo, un imperativo; un invito alla continua militanza artistica (e non solo) così come una descrizione delle opere presenti alla passata edizione di Meet The Docs!, festival svoltosi dal 16 al 20 ottobre a Forlì. L’ottava edizione di questa rassegna di cinema del reale si è costruita sul labile confine tra fiction e documentario, rielaborando, attraverso film e talk, lo stesso concetto di confine – una linea (in)valicabile tra Stati, sessualità, identità di genere, affettività e famiglia.

La nostra redazione era presente, negli spazi EXATR, durante la quarta giornata del festival. Primo appuntamento del 19 ottobre: il Pitch sconfinato – una open call attraverso cui sono stati selezionati cinque progetti di documentario legati al concetto di sguardo femminile sulla contemporaneità. Nel mondo dell’analisi dell’audiovisivo si ragiona da tanto tempo sul concetto di male gaze, almeno dal 1975, quando Laura Mulvey ha pubblicato il saggio Visual Pleasure and Narrative Cinema; se si intende il male gaze come una visione maschile della donna stereotipata e sessualizzante che viene perpetrata tramite gli uomini dietro la cinepresa, i personaggi e lo spettatore, definire il female gaze risulta più complesso. Se da una parte si va decostruendo la rappresentazione maschile delle donne, dall’altra lo sguardo femminile sulla realtà (o sulla finzione) si manifesta come un’azione totale e quindi, non solo ragionando su come mostrare e guardare i corpi delle donne, ma anche e soprattutto su come riflettere sullo schermo il mondo e la società che ci circondano.

Sebbene l’applicazione del female gaze sia qualcosa a cui giustamente auspicare, al contempo si è creato un cortocircuito nell’industria cinematografica per cui la presenza di donne nei team di sviluppo è adottata solo in due contesti: dover rappresentare sullo schermo i sentimenti più sdolcinati oppure ottenere con più facilità dei fondi pubblici (dato che le quote rose imperano nei bandi ministeriali). Questo era uno dei presupposti da cui si sarebbe dovuto sviluppare il talk Visionarie: (dis)equilibri di genere nel cinema, rimandato a causa del maltempo che in quei giorni ha colpito l’Emilia Romagna. Il talk è stato pensato come un resoconto di esperienze e dati – numero di lavoratrici in tutti gli ambiti dell’industria e salari – attraverso il dialogo tra queste stesse donne impegnate nei vari settori cinematografici (registe, produttrici, sceneggiatrici e attrici). Di questo talk non vediamo l’ora che venga proposta una nuova data.

Prima che anche gli eventi serali, tra cui la proiezione del documentario The Land You Belong di Elena Rebeca Carini, venissero annullati, abbiamo avuto modo di “chiacchierare” con la regista del film Gloria! Margherita Vicario, la sceneggiatrice Anita Rivaroli e l’attrice Maria Vittoria Dallasta (Marietta nel film). Gloria! narra di donne musiciste che proprio per la loro condizione di donne, oltre che di orfane o povere, sono state completamente dimenticate dalla storia e non hanno potuto esperire una vera e propria carriera artistica – questo avveniva agli inizi dell’800, mentre oggi Vicario, Rivaroli e Dallasta hanno tutte intrapreso il loro viaggio creativo, nonostante tutta una serie di difficoltà, impedimenti, commenti fuori luogo che naturalmente non ci hanno messo troppo tempo ad arrivare.

Il racconto più vivido è stato quello di Dallasta, che ha raccontato come a soli 15 anni, durante i primi casting, le fosse stato appioppato l’archetipo della “ragazza che non si piace abbastanza” dato che il suo naso aquilino non poteva che essere una imperfezione. Ovviamente attori e attrici lavorano sul loro corpo e con il loro corpo e quindi la fisicità diventa uno specchio delle emozioni e delle sensazioni, eppure viene da chiedersi dove bisogna porre la linea quando un casting director si trova di fronte una ragazzina di 15 anni – che per quanto sia lì per lavoro, e per questo teoricamente consapevole del proprio corpo, resta una ragazzina nel pieno della fragilità adolescenziale.

Il nostro scambio è poi proseguito lungo sentieri meno vorticosi, dato che il focus del pomeriggio restava il film Gloria!, un prodotto mediale sicuramente sconfinante: la storia è stata ideata su una base reale, gli istituti veneziani per orfane, che sebbene documentata, non è ampiamente conosciuta o narrata; su questo soggetto reale è stata creata una fiction; il film è di genere storico, ma si fonde con il musical. La stessa carriera della regista e co-sceneggiatrice Margherita Vicario è un continuo sconfinare tra musica e cinema: qui scrive, dirige, interpreta e musica anche.

Gloria! è un film dove la musica diventa protagonista al pari delle cinque attrici principali, trascinando Teresa, Lucia, Bettina, Marietta e Prudenza verso il riconoscimento di artiste e compositrici che le vere ragazze degli orfanotrofi non hanno mai ottenuto. La musica è entrata nel film già in fase di scrittura; Rivaroli ha raccontato che in realtà già durante le prime stesure, la collega pensava a quali rumori e suoni avrebbero fatto parte della varie scene, così che la musica – diegetica ed extradiegetica – sconfina anche i principi di enunciazione che separano autore e testo.

Con il concludersi di questo confronto, si è conclusa anche la quarta giornata del festival. Eventi come Meet The Docs! non permettono solo di affrontare l’interconnessione tra cinema e società in maniera fresca, giovane, sempre attuale, ma sottolineano soprattutto l’importanza di diffusione del cinema, che esce dai sentieri più battuti delle grandi città, e sconfina verso un piccolo capoluogo romagnolo per permettere ai ragazzi delle scuole e a tutta la cittadinanza – oltre che al “pubblico specializzato” – di assaporare l’essenza del cinema del reale, che altro non che la massima forma di commistione e sconfinamento tra arte e vita.