FILM SULLA PALESTINA di registi palestinesi

FILM SULLA PALESTINA di registi palestinesi

 «For a Palestinian, the cinema is a country.» Kamal Aljafari 

Sembra sempre più evidente in questi giorni che la copertura mediatica italiana e internazionale sia incapace di riportare notizie complete e attendibili e di fornire il giusto quadro per contestualizzare le notizie che giungono ogni giorno da Gaza. Il cinema da parte sua da un lato fornisce strumenti che altri media non danno, permettendo alle cose di assumere una certa profondità, dall’altro contribuisce alla costruzione dell’immaginario collettivo che a sua volta può diventare uno strumento di soft power, di creazione di consenso. Non è un caso che quando cercherete film sulla Palestina e sulla sua occupazione vi imbatterete principalmente nei film di registi israeliani, talvolta statunitensi, e solo raramente palestinesi. L’immaginario, infatti, tanto quanto la terra, può essere soggetto alla colonizzazione, come in questo caso. La rappresentazione, anche critica, della questione palestinese è stata monopolizzata per anni dagli autori israeliani. Nella letteratura è accaduto lo stesso: sapreste nominare uno scrittore israeliano? Scommettiamo di sì. Diverso è se vi chiedessimo di nominarne uno palestinese. Per decolonizzare il nostro sguardo, allora, è necessario fare uno sforzo in più, selezionare e collezionare le immagini che appartengono al popolo palestinese e dargli voce, restituirgli spazio. 

RECOLLECTION (2015) di Kamal Aljafari

Recollection parte dal presupposto che un’immagine duri molto più di una persona e, di fronte alla cancellazione sistematica – fisica e non solo – dei palestinesi, il film opera un letterale spostamento di focus. Il regista Aljafari recupera pellicole americane e israeliane girate tra gli anni ‘50 e ‘90 in Palestina e, rimossi i protagonisti delle riprese originali, usa uno zoom per portare in primo piano tutto ciò che la storia relega a sfondo: la città di Jaffa prima della distruzione, le sue abitazioni, il mare, le comparse e i passanti, la casa dei nonni del regista, lo zio che entra in scena inaspettatamente per pochi secondi. Una ri-collezione che mette in atto la riappropriazione cinematografica di un luogo, creando una contro narrazione che scava nel sommerso collettivo e riflette sulla forza dell’immaginario.

Il regista Kamal Aljafari ha deciso di rendere accessibile gratuitamente online il suo film Recollection fino al 24 novembre.

WAJIB (2017) di Annemarie Jacir (Chili)

Un padre e un figlio ripercorrono i nodi del proprio complicato rapporto, che riflettono indirettamente quelli vissuti dal popolo palestinese, in un viaggio a tappe che adempie alla tradizione della consegna dell’invito di matrimonio della sorella più piccola “casa per casa, stile Nazareth”.

Wajib è un film di primati: Jacir è la prima donna palestinese ad aver girato un lungometraggio, e il suo film vede recitare per la prima volta insieme sul grande schermo due volti celebri del cinema palestinese, Mohammad Bakri (regista di Jenin, Jenin) e suo figlio Saleh Bakri. Selezionato a rappresentare la Palestina nella categoria di miglior film in lingua straniera agli Oscar 2018, senza però entrare nei candidati, è tra i pochissimi film palestinesi ad essere stati proposti nella competizione americana: in totale 13 (di cui 2 effettivamente candidati) e solamente a partire dal 2004. 

THE PRESENT (2020) di Farah Nabulsi (Netflix)

Ancora Saleh Bakri protagonista, questa volta di un cortometraggio che raggiunge una delle piattaforme streaming più diffuse ed è stato candidato agli Oscar. In Palestina, in questo caso nel quartiere del West Bank in Cisgiordania, anche il gesto più quotidiano può trasformarsi in una situazione senza vie d’uscita. Come molti altri palestinesi, Yusef per recarsi a lavoro affronta ogni giorno le interminabili code ai numerosi posti di blocco imposti dall’occupazione israeliana. Quando decide di recarsi con la figlia Yasmine a comprare il regalo di anniversario a sua moglie si ritrova in uno stallo da cui fatica a uscire. 

5 BROKEN CAMERAS (2011) di Emad Burnat e Guy Davidi (YouTube)

Co-direzione del regista palestinese Emad Burnat e dal regista israeliano Guy Davidi, 5 Broken Cameras è un documentario che testimonia le proteste a Bil’in, un villaggio del West Bank soggetto all’occupazione israeliana in cui è in atto la costruzione di una barriera di separazione. Il contadino Emad Burnat acquista la sua prima telecamera nel 2005 per filmare la nascita del suo ultimo figlio e si ritrova a usare quella stessa camera come strumento di resistenza, per testimoniare le violenze dei coloni contro i protestanti. Sono cinque le telecamere distrutte dai soldati israeliani nel corso di cinque anni di guerra, raid notturni, arresti e soprusi.

Il film completo è disponibile su YouTube

JENIN, JENIN (2002) di Mohammad Bakri

La storia di ripete. Il documentario di Mohammad Bakri testimonia gli attacchi e la distruzione del campo profughi di Jenin da parte dell’esercito israelinao durante l’operazione Muraglia di Difesa. Se sostituite Biden al posto di Bush, vedrete che non molto è cambiato. Il film è stato al centro di una storia processuale durata vent’anni, che vede Israele contro il regista Mohammad Bakri e si è conclusa con la censura. Con una sentenza emessa dalla Corte Suprema nel 2022 è stabilito che la proiezione di Jenin, Jenin è vietata in Israele e che le copie del film devono essere ritirate. Nonostante ciò, il film è disponibile gratuitamente su vimeo qui:

IL TEMPO CHE CI RIMANE (2009) di Elia Suleiman (Raiplay)

Con il suo terzo lungometraggio Il tempo che ci rimane, il regista palestinese Elia Suleiman compie un viaggio nella memoria e nell’identità del suo popolo attraverso i suoi ricordi personali e familiari. A partire dall’occupazione israeliana di Nazareth nel 1948, il film ripercorre – in una autobiografia onirica che culmina con la comparsa dell’autore che interpreta se stesso – la storia della lotta quotidiana di persone comuni per resistere e riaffermare costantemente la propria identità in un contesto di violenza e sopraffazione, non solo fisica ma anche culturale. Suleiman, nato proprio a Nazareth nel 1960 da una famiglia di religione cristiana greco-ortodossa, riesce a trasmettere con audacia e insieme delicatezza le frustrazioni di una condizione umana vissuta da un intero popolo.

Film completo: https://www.raiplay.it/programmi/iltempochecirimane 

IL PARADISO PROBABILMENTE (2019) di Elia Suleiman (Chili) 

A un decennio di distanza da Il tempo che ci rimane Elia Suleiman torna a mettere in scena lo spirito della sua terra attraverso il suo sguardo leggero che travalica il puro realismo, per spingersi al di fuori dei confini della Palestina, cercando comunque le sue tracce in ogni altro luogo del mondo. L’eco della propria casa, l’anima di chi difende il proprio diritto a esistere.

Elenco in aggiornamento.

ExtraLibri: Sharon e mia suocera di Suad Amiry, Ogni mattina a Jenin di Susan Abulhawa, Una trilogia palestinese di Mahmud Darwish

La Redazione