Le registe indocili della musica italiana

Le registe indocili della musica italiana

Intervista a Martina Pastori, Giada Bossi e alla fotografa Anna Adamo

Indocili è una rassegna organizzata dall’associazione Tafano in collaborazione con il Cinema Beltrade di Milano. La manifestazione, giunta alla sua terza edizione, è volta a promuovere i nuovi e giovani volti della regia indipendente italiana; la serata del 26 settembre vedrà ospiti Martina Pastori, Emanuela Mazzupappa e Giada Bossi. In occasione della proiezione dei loro progetti personali – rispettivamente Jamal TosmalI pezzi buoni Creatura – si potrà scoprire, all’interno della stessa sala del Cinema Beltrade, l’installazione fotografica di Anna Adamo intitolata Ocean Eyes.

La peculiarità del lavoro di Martina Pastori e Giada Bossi si ritrova nel fatto che il nome di entrambe si è affermato prima nel mondo del videoclip che nella dimensione della cinematografia: Martina è nota per i videoclip di Madame, Marracash e Ghali mentre Giada, fra gli altri, ha lavorato con Myss Keta, Ceri e Arssalendo.

«Da teenager mi occupavo di fare video reportage ad eventi, concerti e festival. Ero affascinata dall’ambito musicale e dal mondo brulicante e vivo che c’è dietro. Volendo compiere lo step successivo, iniziai a fare piccoli videoclip alle band di amici, che, nei mesi e negli anni, tramite passaparola e visibilità via via più grande, si sono trasformati in  artisti più noti» racconta Martina a proposito dei primi passi compiuti in questo settore. Anche per Giada, l’avvio di questa carriera è stato segnato da report video di vari tipi di eventi, per poi poter affermare maggiormente il proprio io artistico. «Ho iniziato da videomaker, con un piccolo kit, accettando più o meno qualsiasi cosa, da matrimoni a report di eventi per pagarmi scuola e bollette. In quel miscuglio, il videoclip era un mondo in cui fare qualcosa di più creativo e relativamente più libero. Ho iniziato con piccolissimi budget, o zero budget, lavorando per amici o per artisti incontrati su progetti “commerciali”, cercando di fare sempre meglio, combattendo con le poche risorse a disposizione e cercando di cavarci fuori qualcosa di più vicino al mio gusto».

Nonostante la passione che le due registe mettono nell’affiancare i musicisti nella promozione del loro lavoro, è necessario ammettere che il videoclip sembra un genere audiovisivo ormai passato, avendo vissuto il suo apice tra gli anni Ottanta e i primi Duemila; è la stessa Martina ad affermare che «il mondo del videoclip sta lentamente morendo. Dopo aver toccato livelli e standard altissimi negli ultimi anni, credo che ormai siano poche le mosche bianche a riuscire a fare qualcosa di fresco, nuovo ed accattivante. Ormai il videoclip non è più un happening, un evento speciale e ponderato, ma un ‘contenuto’ presto dimenticato». Pare che una parte di responsabilità ricada anche sulle label, troppo influenzate dai trend del momento, e dalla radicale trasformazione in atto che permette alle star di  auto-narrarsi attraverso i social. «È un discorso intricato – risponde Giada – Dal 2010 girare video è sempre più semplice: con il boom di tutta l’attrezzatura prosumer e i social, chiunque può potenzialmente accedere a una videocamera, girare, montare e lanciarsi sul web, dove, d’altro canto, la cosa difficile è distinguersi da tutti gli altri che fanno lo stesso e uscire con una propria voce, arrivare agli artisti che ti interessano, ed evitare di replicare il “Vimeo Staff Pic” del momento. Una dinamica, questa, che non ha fatto che accelerare, in Italia in particolare, una decrescita dei budget ai limiti del “ti mettiamo nei credits”. Per questo credo che fare videoclip in Italia non possa essere considerato un vero e proprio “lavoro”. Se si parla di fare un investimento o di scommettere su un artista, si dovrebbe pensare allora a come instaurare un sistema di shares sui profitti dei videoclip musicali da devolvere proporzionalmente alla crew, soprattutto alle figure creative del set. Raramente esistono queste condizioni, per cui preferisco lavorare direttamente con artisti indipendenti con sento di avere una connessione creativa».

Entrambe hanno avuto comunque la fortuna di collaborare, negli anni, con musicisti con cui si sentivano artisticamente affini e i risultati sono evidentemente ottimi: come dimenticare Myss Keta immersa nella natura mentre balla sulle note di Giovanna Hardcore? In quanti, appassionati di musica indie italiana, hanno subito lo shock culturale del videoclip di Baby (Madame)? Per quanto sia Martina che Giada riscontrino delle problematiche strutturali nel genere, la loro passione per questa forma d’arte resta immutata e inevitabilmente contamina gli altri progetti.

Giada, riconoscendo che l’approccio registico nei tre campi in cui lavora (videoclip, pubblicità e cinema) sono per lei molto differenti, comunque afferma il desiderio «di portare un discorso narrativo nel videoclip». In Creatura, il cortometraggio che sarà presentato il 26 settembre, «c’è una grande quantità di musica, sia a livello di sound presente all’interno delle scene e dei mondi dei personaggi che di colonna sonora». Il progetto racconta un’amicizia tossica nel periodo dell’adolescenza.

Creatura

Martina, invece, per il corto Jamal Tosmal, cerca di allontanarsi più possibile dalla scena musicale di cui lei è diventata regista di riferimento: il rap. «L’avventura buffa e rocambolesca di due amici, svoltasi nei quartieri più poveri e multietnici di Marsiglia» non è l’ennesima scusa per reiterare l’immagine del “sound della strada”. Come Giada, anche Martina ultimamente si occupa principalmente di spot pubblicitari, ma riconosce nel videoclip «una buona palestra e una buona vetrina per sperimentare nuove tecniche e nuovi linguaggi. Inoltre, possono servire ad arricchire il proprio portfolio, si può arrivare a più persone, il pubblico musicale è più variegato ed ampio».

Jamal Tosmal

Anche il lavoro di Anna Adamo, seppur costituito da immagini statiche, è in realtà intriso di suono. «La musica è uno dei leitmotiv del mio percorso fotografico, che poi coincide con la vita… non penso di poter scindere i due tragitti. Ho iniziato molto presto ad andare ai concerti e sono legata alla scena punk e hardcore dall’adolescenza». 

Foto di Anna Adamo

Quando interrogata sulla connessione tra la fotografia e il mondo del videoclip, Anna descrive come il ritmo sia «uno degli ingredienti principali per la riuscita di un lavoro fotografico, la ricerca del ritmo viaggia sullo stesso binario della ricerca della storia stessa. Anche in termini editoriali, parlando di libri, il ritmo nell’editing è quello che ti permette di rendere una serie unica». Nonostante questo, per quel che riguarda l’installazione Ocean Eyes, riconosce che più che un legame con la figura registica di Giada e Martina, il suo lavoro si rispecchia meglio nel ruolo dello spettatore e dell’osservatore; afferma infatti che «non penso ci sia una connessione sul piano del linguaggio e della narrativa con le altre opere, credo che il rapporto sia più simbolico in quanto un oceano di occhi è il punto di vista dello schermo e quindi la sua visione del pubblico. Nelle foto ho cercato di astrarre completamente la figura umana e di isolare gli occhi».

Per partecipare alla serata di Indocili e scoprire con i propri occhi il talento delle artiste qui intervistate, è possibile inviare una mail a prenota@cinemabeltrade.net.

Francesca Marchesini