Di solitudini e moltitudini | Intervista a Carolina Cavalli

Di solitudini e moltitudini | Intervista a Carolina Cavalli

“È divertente pensare che qualcosa che hai scritto nel tuo soggiorno, sulla tua piccola scrivania, arriva dall’altra parte del mondo e c’è qualcuno che lo guarda.” Così esordisce Carolina Cavalli intervistata in merito al successo di Amanda, suo primo lungometraggio – che ha scritto e diretto – presentato alla 79esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti Extra e poi al Toronto International Film Festival. È da poco disponibile in libreria anche il suo esordio letterario edito da Fandango, il romanzo Metropolitana.

Chi è Amanda?

“Quando mi metto a scrivere una storia non penso alla trama o ai temi o al genere, mi piace prendere un personaggio e capire i suoi desideri e necessità in quel momento della sua vita.” Il momento di vita in cui incontriamo Amanda, protagonista dell’omonima pellicola – una ragazza “tenera e allo stesso tempo irruenta” -, è quello in cui decide di volere un’amica. Una premessa tanto semplice quanto potente che rende superflua qualsiasi aggiunta di trama. Il punto non è la storia, ma Amanda. “La cosa che più mi importa è che il personaggio sia sempre coerente con sé stesso. Non che sia estremamente realistico ma che possa risultarlo.” Questo imperativo di coerenza, necessario nel processo artistico di Carolina Cavalli, fa di Amanda un soggetto decisamente sopra le righe ma – nonostante o forse proprio grazie a questo – “ti rendi conto di poterla considerare quasi una persona più che un personaggio.”

Dentro e fuori

“Se mi dici non puoi più scrivere nella tua vita o non puoi più dirigere di sicuro sceglierei di non dirigere più.” Quello di Carolina Cavalli è lo spirito di una scrittrice, e parla proprio di come – secondo lei – tra la scrittura e la regia intercorrano due personalità completamente diverse: “da una parte sei isolata, sei dentro di te, lavori soltanto con un foglio e con le parole, dall’altra devi gestire tutto, devi essere anche molto rapida. Con la scrittura c’è una dimensione meditativa e riflessiva che sul set devi abbandonare, lì devi essere veloce e in grado di improvvisare, in più hai lo scoglio della realtà.” E seppur il cinema sia arrivato nella sua vita più tardi rispetto alla scrittura non può fare a meno di sentirne il richiamo: “l’adrenalina e la dipendenza che ti dà il set l’ho trovata raramente in cose che faccio quindi non vedo l’ora di fare il prossimo film da regista.”

Di cinema e dintorni

Amanda è stata subito eletta dal mondo dei social come l’erede italiana di Lady Bird, ma pure accostata ai personaggi del cinema di Wes Anderson. “Spaesamento” è il termine – adattissimo – che sceglie Carolina Cavalli per descrivere quel cinema lì, che lei stessa apprezza, ma dice di essersi tenuta lontana da influenze di qualsiasi tipo: “ho provato a non pensare a nessun riferimento cinematografico perché avevo il timore, essendo in un’opera prima, di essere influenzata e secondo me quando non parti dalla storia ma da modelli forse perdi un po’ la tua voce.” La voce di Amanda – per fortuna – risuona chiaramente anche tempo dopo la visione, in effetti è dei Gemelli (come la sua autrice).

Di ciò che accomuna moltitudini

“Estraendosi dalla realtà forse si possono trattare degli aspetti che sono ancora più umani.” Nel suo esprimere sé stessa con impeto e senza filtri, rompendo ogni volta gli argini che cercano di costruirle attorno, rimanendo determinata nel suo fine ma non riuscendo comunque a nascondere completamente un certo senso di inadeguatezza, Amanda tocca delle corde profonde e comuni. “Ci sono delle sensazioni universali: il sentirsi fuori luogo, il cercare qualcosa che già sai che non troverai – il tuo posto nel mondo, un senso, qualcuno che ti faccia sentire meno solo. Forse non parte da un rapporto con qualcun altro ma è una sensazione umana, la sensazione di essere soli, in fondo nasciamo così.” La pellicola ci parla perché racconta una storia che muove da un bisogno che tutti conosciamo, quello di trovare riconoscimento nello sguardo altrui – che si chiami amicizia, amore o famiglia, che poi sono tutte parole diverse per dire di sfumature della stessa cosa. Amanda non scende a compromessi con la realtà e in questo si fa amplificatore di frammenti della nostra esistenza che tendiamo, invece, a nascondere o rifiutare. Impariamo da Amanda a mettere da parte la paura di dirci una verità che sembra tanto spaventarci: che abbiamo bisogno l’unə dell’altrə.

Gaia Berettoni