10 film horror che (forse) non conoscete per un Halloween da incubo

10 film horror che (forse) non conoscete per un Halloween da incubo

Se quella di vedere film horror per molti è più che altro un’abitudine, Halloween risveglia il desiderio di visioni da incubo anche nei meno appassionati del genere. Per cominciare una maratona del terrore al lume di zucca, ecco 10 titoli di film in ordine cronologico da vedere, dalle opere di maestri del terrore come Argento e Polanski a quelle dei nuovi autori del cinema coreano come Na Hong-jin, passando per chicche dell’underground come quelli di Kenneth Anger.

n.b. i film sono presenti su diverse piattaforme, e non è nostra intenzione privilegiarne una rispetto alle altre. Potete vedere i film cliccando sul titolo.

1. Hideous – Yann Gonzalez, Gran Bretagna, 2022 (22’)

Un bambino sta guardando un programma in tv in cui il musicista Oliver Sim, componente del gruppo britannico The xx, è chiamato a presentare il suo ultimo singolo, Hideous. Quando arriva il momento di cantare, Oliver si trasforma in un mostro, simile all’immaginario televisivo fine anni ‘90 di Buffy l’ammazzavampiri o Streghe. Il brano racconta del dolore causato da se stesso, da essere ciò che è: 

I hide / Though the company at home can be unkind / Yet I live alone and refuse to go outside […] Radical honesty / Might set me free / If it makes me hideous / Been living with HIV / Since seventeen / Am I hideous?

Il corto di Yann Gonzalez evidenzia la correlazione tra la comunità queer e il genere orrorifico: d’altronde cosa sono le persone non conformi in una società eteronormata se non mostri orrendi? Gonzalez però ha una speranza, quella che il potere della rappresentatività mediale possa prevenire tutta questa ingiusta sofferenza.

2. The wailing – Na Hong-jin, Corea del Sud, 2016 (155’)

Un piccolo villaggio di provincia viene sconvolto da una serie di omicidi, commessi da persone in stato di shock e con il corpo devastato da pustole purulente. Il protagonista del film, un poliziotto locale indolente e fifone, indaga sulle morti, la cui responsabilità viene fin da subito attribuita dagli abitanti del villaggio all’unico straniero, un misterioso giapponese.

Partendo come un thriller investigativo che molto deve a Memories of Murder (2003) di Bong Joon-ho, The wailing abbraccia una mescolanza di elementi dell’horror, dall’esorcismo alle superstizioni religiose, dal virus zombi ai fantasmi, fino alla figura del diavolo che campeggia nel titolo italiano del film. Attraversato da un’ironia che non smorza, anzi esalta la cupezza delle vicende, nel film il bene e il male si rincorrono confondendosi, e la soluzione dell’enigma si allontana sempre più, inafferrabile. A un ritmo serratissimo di svolte apparenti e false piste, protagonista e spettatori assistono inermi a una propagazione del male inesorabile e insensata.

3. Niente da nascondere – Michael Haneke, Francia, 2005 (117’)

Delle strane videocassette stravolgono la vita di Georges Laurent, conduttore di un programma tv di successo, e la moglie Anne. La polizia non può essere di nessun aiuto e Georges decide di approfondire la faccenda autonomamente. Risale alla sua vecchia conoscenza Majid, il figlio dei domestici algerini che furono a servizio dei genitori.

La violenza impalpabile dello sguardo è la sublimazione della ferocia gratuita che spesso Haneke mette in scena (Funny Games, 1997; Il tempo dei lupi, 2003). Questa volta dietro l’apparente gratuità si cela la metafora del terrorismo islamico, entità evocata dai notiziari in tv che minaccia l’Occidente con kamikaze e messaggi video. Haneke invita a riflettere sulla relazione tra Georges/Occidente e Majid/Islam attraverso inquietanti e asettici piani sequenza che annullano i confini tra osservato e osservatore. 

4. La morte e la fanciulla – Roman Polański, Stati Uniti, 1994 (103’)

Una sera di pioggia qualcuno suona alla porta di una casa sperduta lungo le coste sudamericane, dove viene accolto dai coniugi Escobar. Pur non avendolo mai visto prima, la moglie Paulina (Sigourney Weaver) si rende conto di trovarsi di fronte al sadico dottore che molti anni prima l’aveva violentata e dilaniata brutalmente per giorni. Determinata a ottenere la registrazione della confessione, la donna imprigiona il dottore in soggiorno. Per tutta la notte quella stanza sarà teatro del confronto tra vittima e carnefice, che il grande direttore della fotografia Tonino Delli Colli illumina gettando sui muri ombre cupe e claustrofobiche.

Roman Polański rilegge l’omonimo dramma dello scrittore argentino Ariel Dorfman mantenendo l’impianto teatrale: non mostra le torture di Paulina ma è lei stessa a raccontarle, determinata ad attraversare dei ricordi ancora sanguinanti nel tentativo di arrivare alla verità.  

5. Phenomena – Dario Argento, Italia 1985 (116’)

Il film preferito dallo stesso regista, Phenomena rimane uno dei titoli meno conosciuti di Argento. La protagonista Jennifer Corvino, interpretata da una Jennifer Connelly quindicenne, è la figlia di un famoso attore e ha una capacità innata di comunicare con gli insetti. Dagli Stati Uniti, Jennifer arriva in Svizzera per frequentare un collegio femminile proprio quando un misterioso serial killer miete giovani vittime.

Il film è girato nel pieno degli anni ‘80, che si sentono forti e chiari nella colonna sonora che passa dall’elettronica dei Goblin all’heavy metal degli Iron Maiden e dei Motörhead, spesso in contrasto con i rumori degli insetti percepiti solo dalla protagonista, ma anche nei costumi di Giorgio Armani (come l’iconico bomber con l’aquila dorata della Connelly). Condividendo alcune delle sue premesse narrative con Suspiria (1977) nella rappresentazione di un universo femminile chiuso e opprimente, Phenomena gioca a svilupparsi in direzioni varie e inaspettate, esplorando diversi sottogeneri dell’horror, dal freaks al paranormale new age, fino a un finale decisamente gore.

6. La casa dalle finestre che ridono – Pupi Avati, Italia, 1976 (106’)

Il Delta del Po, luogo magico e misterioso, ha da sempre catturato l’attenzione dei registi nazionali, tra cui Pupi Avati, che è tornato in queste terre per girare Il signor diavolo nel 2019, a distanza di oltre quarant’anni dalla realizzazione di uno dei più grandi film cult dell’orrore italiano. In un paesello delle Valli di Comacchio, Stefano, restauratore d’arte, è chiamato a occuparsi dell’affresco di San Sebastiano, realizzato da un pittore locale pazzo, morto suicida molti anni prima.

Lo strano atteggiamento degli abitanti, le minacce anonime e infine, l’omicidio dell’amico Antonio, lo spingono a indagare sulla vita dell’artista Buono Legnani – che di buono aveva solo il nome. Scopre che era noto come “il pittore delle agonie” e che abitava in una casa dalle finestre che ridono. Stefano si adentrerà nella casa e nei meandri più oscuri della Bassa padana – all’apparenza solare e sonnacchiosa – portando alla luce i resti dei corpi mutilati da una follia omicida in nome dell’arte.     

7. Picnic a Hanging Rock – Peter Weir, Australia, 1975 (115’)

Strano pensare che il regista di questo film dell’orrore metafisico sia lo stesso de L’Attimo Fuggente (1989) e The Truman Show (1998). Stiamo parlando di Peter Weir, che firma il suo secondo lungometraggio adattando l’omonimo romanzo di Joan Lindsay, di cui traspone con maestria la natura evanescente ed enigmatica.

Il giorno di San Valentino del 1900 un gruppo di educande si reca in gita a Hanging Rock. Le chiacchiere tra adolescenti con cui si apre il film si trasformano fuori dalle mura opprimenti del collegio, assumendo un tono inquietante e mistico, in contrasto con la bellezza botticelliana delle protagoniste e con la natura selvaggia che le circonda. La dolcezza delle aspettative giovanili verso un felice avvenire viene mortificata dalle rigide regole sociali vittoriane imposte alle donne, messe in discussione dalla misteriosa sparizione di quattro ragazze.

8. Lucifer Rising – Kenneth Anger, Stati Uniti, 1972 (29)’ e 9. Invocation of my Demon Brother – Kenneth Anger, Stati Uniti, 1969 (11’)

Lucifer Rising è un trip attraverso luoghi occulti e primordiali. Dai vulcani islandesi in eruzione alla cinta megalitica di Extersteine. passando per la Valle dei Re e Stonehenge, delle divinità ultraterrene invocano l’ascesa di Satana.

Sebbene prima versione della colonna sonora fu composta da Jimmy Page, le immagini si susseguono commentate dalle note dissonanti di Bobby Beausoleil, già membro del cast. L’anno successivo Bobby fu condannato all’ergastolo per l’omicidio di Hinman, riuscendo a lavorare alle musiche del film da dietro le sbarre.  L’assassinio fu il primo della Famiglia Manosn, quello che accese la miccia dell’apocalisse – o come la chiamava Manson Helter Skelter. Insieme a lui recitano due icone della Swinging London: Chris Jagger – musicista e fratello di Mick – e la cantante Marianne Faithfull – legata sentimentalmente e artisticamente a Mick.

È proprio Mick Jagger, frontman dei Rolling Stones,  a firmare le musiche di Invocation of My Demon Brother, ovvero la celebrazione del funerale satanico di un gatto, realizzato a partire dagli scarti delle prime lavorazioni di Lucifer Rising. Gli atti sacrileghi che vediamo – come la profanazione di un teschio – sono compiuti da eccellenze sataniche, letteralmente: infatti, oltre a ritrovare Bobby Beausoleil nei panni di Lucifero, c’è Anton LaVey, il fondatore della Chiesa di Satana nel 1966.

Insieme agli elementi che rendono il suo cinema sperimentale – pellicola in 16mm, assenza di dialoghi, musiche rock ‘n’ roll, l’esoterismo di Aleister Crowley, il surrealismo e l’avanguardia – in questi due rituali demoniaci sotto sostanze psichedeliche, ottimi per un Halloween decisamente poco convenzionale, si ritrovano piccoli ammiccamenti al grande cinema hollywoodiano: si può pensare a Iside (Myriam Gibril) in Lucifer Rising come il corrispettivo underground della celebre Cleopatra di Liz Taylor. Non sorprende che Anger sia anche l’autore di Hollywood Babilonia (in Italia edito da Adelphi), saggio cronachistico sugli scandali dello star system hollywoodiano, da Griffith fino all’eccidio di Cielo Drive, che nasconde sotto il tono satirico e pungente della scrittura la fascinazione di questa nuova mitologia statunitense.

10. Suspense – Jack Clayton, Regno Unito, 1961 (105’)

Una giovane istitutrice deve badare a due adorabili bambini per conto di uno zio assente, ma presto scoprirà che la casa di famiglia è abitata da strane presenze. Il film di Jack Clayton, suo secondo lungometraggio, è un adattamento del racconto di Henry James Il giro di vite (1898), che a sua volta ha ispirato uno dei romanzi più significativi della letteratura dell’orrore, ovvero L’incubo di Hill House (1959) di Shirley Jackson. La sceneggiatura di Suspense è opera, per la sua gran parte, di Truman Capote, chiamato mentre stava scrivendo A sangue freddo dal regista per rivedere la precedente stesura di William Archibald e abbracciare l’interpretazione freudiana della novella di James, secondo la quale i fantasmi più che reali entità altro non sono che una rappresentazione dell’ossessione della protagonista.

L’evento eccezionale è che l’insieme di queste opere sono accomunate da un filo rosso di rara inquietudine: tanto i due romanzi quanto il film sono infestati di presenze ambigue, pulsioni represse e pruriti immondi, e l’elemento fantastico è talmente rarefatto da essere sempre al limite tra verosimiglianza e allucinazione. Atmosfere oniriche, contrasti espressionisti e interpretazioni tanto sfaccettate quanto ambigue – soprattutto nel rappresentare il rapporto di malsana attrazione tra l’istitutrice (Deborah Kerr) e il piccolo Miles – fanno di Suspense un vero diamante da riscoprire.

Carlotta Centonze e Alessio Chiappi