Arrampicandomi tra le maglie dei Quartieri – già da qualche settimana – le “tracce” fioccavano copiose: rametti spelacchiati, aghi di pino negli interstizi dei basoli, code di terreno sparse qua e là. E in effetti nel pomeriggio sento chiamare dalla strada: «Ciro, Ciroooo! Sali ja’, vieni a vede’ ‘o segreto». Quello degli anni passati, mea maxima culpa, ormai lo conoscono tutti. «Abbiamo cambiato, se no ci fottevano tutti gli alberi», e – continuando – «Ma chist’anno nunn’ ‘o facimm’ ‘o film?».
da La terra dei fuochi di Sant’Antonio, fotoreportage di Cyop&Kaf pubblicato su Napoli Monitor
Il Segreto è un luogo e un rito, un senso di appartenenza e un codice di comportamento. L’esordio video di Cyop&Kaf è in casa propria, in quei Quartieri Spagnoli con cui si misurano, di cui dipingono/fotografano/raccontano da tre anni. Dopo QS, Quore Spinato, libro che illustra il “lavorìo” fatto nei Quartieri Spagnoli dal 2011 al 2013, era giunto il momento di inciampare, come direbbero loro, in un altro modo di raccontare gli stessi spazi. Per Cyop&Kaf il nuovo mezzo è una “telecamera capitata tra le mani” che a noi di qua dallo schermo sembra più una caméra-stylo riveduta e corretta.
Nel 1948 in un fortunato articolo Alexandre Astruc ipotizzava con quel termine il superamento della forma romanzo da parte di una cinepresa leggera – il nuovo 16mm – che si sarebbe fatta flessibile e rigorosa come e più del linguaggio scritto. Se è vero che mezzo secolo più tardi i nostri autori iniziarono la loro carriera artistica come writers, per quanto il paragone con il francese padrino della Nouvelle Vague venga scomodato per un documentario sì e un documentario no da tempi immemorabili, in questo caso l’idea di penna che si trasforma in macchina da presa ci sembra pertinente. Anche l’interessante binomio flessibile/rigoroso tiene, e richiama il paradosso del termine “segreto”. In esso è contenuta l’idea che ci sia qualcosa di nascosto che non si può dire o rivelare e che allo stesso tempo questo qualcosa sia detto e rivelato ad alcuni allo scopo di creare un legame.
Soprattutto troviamo messo in abisso, dal mezzo al contenuto – e nello stesso contenuto attraverso la ripetizione infinita di gesti e parole – il concetto di nascondere un significato (uno spazio, una funzione) mostrandocelo di continuo. Dicendolo di continuo. La parola “segreto” è ripetuta un infinità di volte dai bambini impegnati nella loro missione, ma, anche se ce l’abbiamo sempre davanti, non saremo sicuri del significato di quella parola fino alla fine, non riusciremo mai a racchiuderla del tutto. Non si riuscirà a (ri)mettere in ordine le immagini e le parole, e qualora ci si provasse si finirà per fallire come i recinti di lamiera e le guardie. Smessa una resistenza inutile ci si sorprenderà ad assaporare la bellezza del perdersi nel labirinto dei vicoli, nei legami, nelle lotte e nelle fughe, mentre il lavoro di Cyop&Kaf ci mostrerà quel certo gioco che gioco non è, fatto alla luce dei tunnel, in un film dove il rumore della strada parla a volte più distintamente delle parole stesse.