Venerdì 30 novembre alle 23.00 inizia il ciclo dei Midnight Movies, le proiezioni del venerdì notte del Kinodromo.
In questo primo mese di programmazione i Midnight Movies saranno dedicati al cinema di genere italiano degli anni ’70, con titoli proposti e presentati in sala da docenti del DAMS.
L’idea nasce da una collaborazione tra l’Associazione Culturale Kinodromo e il Prof. Giacomo Manzoli, coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Cinema, televisione e produzione multimediale dell’Università di Bologna.
Il primo titolo proposto, “L’Esorciccio” di Ciccio Ingrassia, sarà presentato in sala dallo stesso Manzoli, che nel 2001 così presentava il film su Cineforum:
L’Esorciccio, oltre che bello e divertente, è un film importante. Lo è per Ciccio Ingrassia che questo film ha partorito e che per questo film ha sofferto. Quello fra il 1972 e il 1977 è un periodo difficile per una delle coppie principi della comicità italiana, ed è anche il periodo in cui i due ci regalano almeno tre capolavori:
questo, Ultimo tango a Zagarol, fatti singolarmente e Farfallon di Mario Pazzaglia, girato in coppia. In questi 5 anni, i due litigano e si riappacificano almeno tre volte. Reduci da una serie di consacrazioni d’autore (Pasolini, Fellini, Petri, Comencini e altri), i due sono in piena crisi di identità. Ciccio cade nel baratro di un grave esaurimento nervoso e Franco prosegue il lavoro senza di lui. Nasce Zagarol, del quale Valerio Caprara scrisse nei primi anni Ottanta che “di fronte ai soliloqui sinistresi del vanesio innamorato della revolution, la coerenza snaturata e cocciuta del superguitto appariva in una luce abbagliante di misteriosa potenza. Il film è esilarante, ma anche astuto fino alla saggezza assoluta: raggiunge – per cammini contorti – il sublime, come certi santi grulli. Ultimo tango a Zagarol è la più bella epigrafe posta sul sarcofago del cinema italiano”.
Ciccio ci resta male, ma i due tornano insieme dopo che Franco è andato da Mike Bongiorno a dichiarargli eterno amore. Resta in lui un’insoddisfazione profonda, come una smania di andare oltre. Nel 1974, infatti, si mette per la prima volta dietro la macchina da presa, per dirigere un Amleto siciliano, Paolo il freddo, poi fonda una propria casa di produzione e realizza, fra le altre cose, proprio L’Esorciccio (protagonista quel Lino Banfi con cui, poco dopo, Franco Franchi si recherà in turné negli USA, provocando l’ultimo grande litigio).
L’Esorciccio incassa bene, non potrebbe essere altrimenti, ma quando sta per essere esportato in Germania, si verifica un pasticciaccio: sparizione delle copie, confusione sui diritti. Cose che contribuiscono ad affossare la Ingra Cinematografica. Dunque, Ciccio Ingrassia si lancia in questa avventura in un periodo di travaglio interiore, mentre lotta per uscire da una grave crisi. Sa di valere più di quanto ha dimostrato fino a questo periodo. Rischia dei capitali, la reputazione, e in più ha qualcosa da dimostrare a se stesso: “la nuova avventura consentiva di esprimermi in piena autonomia, sottraendomi a una condizione di soggezione psicologica nei confronti del mio compagno e verificare la reale considerazione del pubblico nei miei confronti”.
Ciccio deve far capire agli spettatori e a Franchi ciò di cui è capace e per questo non esita a spendere decisamente più di quanto normalmente costava una instant spoof di Franco e Ciccio, in termini di denaro e di coinvolgimento personale (per diversificare gli ambienti mette perfino a disposizione la propria casa) ma soprattutto in termini di idee.
Da un lato, perciò, abbiamo un film che è manifestazione caotica e abbondante di un genio minore in stato di grazia, bravissimo anche a interpretare con impassibilità esistenzialista il proprio ruolo fino alla blasfema Eucarestia del finale (l’Esorciccio inghiotte l’amuleto dannato e si dissolve in una voce acusmatica). Dall’altro, un film che costringe a interrogarsi su un’annosa questione: è giusto applaudire una parodia che per inventiva e originalità eguaglia il modello?
Ultimo tango a Zagarol, risplende di una misteriosa potenza, toccando talvolta il sublime. Come mai? Difficile dare una risposta univoca. Di certo L’Esorciccio è un film di un uomo di grandissima e sottile intelligenza, con una sensibilità affinata in una carriera di quasi 150 film: lo dimostra anche il fatto che Riposseduta e altre parodie horror, pur con tutte le buone intenzioni e qualche ottima battuta, nella loro meccanicità, non raggiungono neppure lontanamente la corrosività iconoclasta di questo piccolo grande film.
Giacomo Manzoli
(da Cineforum, 401, 2001)