VAI COL LISCIO di Pier Paolo Paganelli (Recensione di Fabiola D'Angelo)

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Andrea Mingardi si guarda allo specchio e canta un motivetto. Lo specchio preannuncia dalle prime immagini una duplice visione di un singolo, rendendo visibile ciò che di solito è guardato da occhi esterni al corpo riflesso: un mondo nuovo. Il mondo di una balera in una dimensione spazio-temporale estranea a chi osserva.

I colori freddi e pallidi supportano l’immobilità del paesaggio. Di questo mondo all’aperto si hanno poche inquadrature, e nella loro staticità, ciò che colpisce è l’unico movimento delle esalazioni. Nel guardare questi quadri fissi sembra di riconoscere nei fumi le foglie de La Repas de bébé che tanto stupirono l’occhio dello spettatore del Salon Indien.

Il cambio di scena viene propriamente annunciato da un anomalo direttore d’orchestra della balera. Sono sette giorni che la stessa mazurka è suonata da due band che si danno ininterrottamente il cambio. E mentre una di queste è sul palco a logorarsi, seguiamo l’altra che è in pausa nel retroscena. I componenti di quest’ultima seguono movimenti psichedelici, e vengono tenuti in vita dalla “medicina” distribuita dal direttore, ma lo stress e la fatica li hanno resi ormai degli automi. La musica non può essere assolutamente fermata, altrimenti tutti gli astanti subiranno una pesante condanna. La mazurka diventa così il vero leitmotiv del cortometraggio, il vero attante della storia.

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La macchina cinema, in quanto strumento e apparecchiatura, fa sentire la sua presenza: ci trasporta senza riserve nelle sue peregrinazioni, nei mondi visionari dei musicisti, e nei suoi cambi repentini di velocità che sottolineano le sinapsi nervose di ogni singolo personaggio. Il ritmo incalzante è costruito tramite il montaggio alternato delle scene dello spogliatoio e delle scene all’interno della vera balera, con reiterazioni di inquadrature e dialoghi.

La macchina da presa ci avvicina ai personaggi, ci porta tra loro, ma allo stesso tempo ci permette di osservarli da lontano.

E così il leitmotiv di tutto il film, la mazurka di periferia, che permette al cortometraggio di vincere, tra gli altri, il premio Aroldo (G. Verdi) per il miglior uso della musica, il premio per il miglior sonoro al Roma Creative Contest e il primo premio al Corto Dorico.

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Una particolare nota di merito va senza dubbio ai magnifici quadri costruiti sui primi piani del volto dei personaggi: nonostante siano lontani gli anni delle prime dissertazioni sul cinema come luogo di incontro tra comunicazione ed estetica, è possibile vedere concretizzarsi in questa commedia horror le parole di Balázs: il primo piano del volto “diventa il tutto in cui è contenuto il dramma”.

Fabiola D’Angelo a proposito di VAI COL LISCIO di Pier Paolo Paganelli (ITA, 12′, 2012)