UN LUPO MANNARO AMERICANO A LONDRA
È un film pieno di amore per il cinema, Un lupo mannaro americano a Londra: dalla locandina di Casablanca che la bella infermiera innamorata del licantropo David tiene appesa al muro, ai dialoghi che citano La battaglia di Alamo (1960) e L’uomo lupo (1941). Per arrivare al bambino in ospedale che legge i fumetti di Laurel & Hardy e allo strano comportamento degli avventori della locanda nei confronti dei turisti, situazione che sembra ripresa pari pari dal Dracula di Browning (1931), un classico del gotico omaggiato più esplicitamente nello scatenato Tutto in una notte (1985). Landis, insomma, manifesta apertamente la propria cinefilia. D’altro canto, solo un regista con una vasta cultura cinematografica potrebbe mescolare così abilmente i generi del cinema americano, horror e commedia in particolare, come in seguito farà anche Raimi.
Proprio in un cinema di Piccadilly Circus, in un cinema porno però, è ambientata una delle sequenze più belle del film, il sottofinale con i “non morti”, che con cortesia tutta british consigliano a David come suicidarsi, mentre ascoltiamo in sottofondo i gemiti dell’assurdo A non-stop orgy. E’ il momento che precede l’esplosione del caos in città, con spettacolari incidenti alla Blues Brothers (1980), e la liberazione di una forza animalesca, selvaggia, naturale per le strade di Londra.
David, catastrofico e rabbioso come King Kong, rappresenta in maniera esemplare il violento conflitto città/campagna, cultura/natura. È un semplice ragazzo occidentale, ma è allo stesso tempo una creatura mostruosa, affamata di sangue e incontrollabile, fatta per nascondersi nella brughiera e sbranare imprudenti passanti.
Come per i vampiri, è condivisibile vedere nei licantropi la personificazione di istinti sessuali repressi, che vengono fuori violentemente, improvvisamente. Nel cinema hollywoodiano degli anni Ottanta, ossessionato dal corpo in trasformazione e meno schiavo della censura, questo aspetto può trovare un’espressione più esplicita. Ma il film di Landis colpisce ancora oggi soprattutto per gli straordinari effetti speciali e il trucco del maestro Rick Baker, e non è un film particolarmente erotico. Ci preme, però, far notare che nel dialogo iniziale tra David e l’amico Jack, di una spensierata volgarità che ricorda Animal House (1978), è Jack a sembrare più disinibito e fissato con il sesso. Quasi a suggerire, per l’appunto, che è proprio la parziale inibizione di David a dotarlo di un’energia libidica che si fa pulsione di morte, una volta avvenuto il contagio, tramite il morso di un altro licantropo.
Il mostro che si nasconde nell’inconscio di ogni individuo può, così, prendere forma, non diversamente da ciò che succede nel videoclip di Thriller (1982), diretto dallo stesso Landis, dove la figura del vecchio cinema horror che viene ripresa è lo zombie. L’elemento musicale nel cinema di Landis è fondamentale non solo in Blues Brothers, che è quasi un musical, ma anche in Un lupo mannaro americano a Londra. Con una particolarità: tutte le canzoni, famosissime, che si ascoltano e che contrastano con l’atmosfera degli eventi narrati hanno la parola “moon” nel titolo.
Concludiamo con una raccomandazione, allora: state lontani dalla luna piena…
Francesco Grieco